Toscana, 1944
“Dopo qualche tempo, riuscii a procurarmi una jeep scassata, alla quale finii per affezionarmi profondamente. In due anni di servizio, quel curioso veicolo aveva già preso parte alla campagna in Nord Africa e in Sicilia. La Regione VIII lo aveva acquisito dalla Sardegna. Aveva solo quattro ruote, tutte consumate, il parabrezza infranto, il radiatore bucato, le sospensioni finite e gli ammortizzatori difettosi. Mancavano specchietti e telo di copertura, e la carrozzeria tremava cosi tanto che sembrava sul punto di disintegrarsi da un momento all’altro. Sotto il parabrezza c’era scritto il suo nome: “Lucky 13”.
Lucky si fece una discreta fama in Toscana. Diede passaggi a vescovi, preti, monaci, principesse, contesse, duchi; a vecchie contadine e commercianti facoltosi; a Soprintendenti, architetti, direttori e ispettori. Ebbe a bordo colonnelli, civili e gente di tutti i tipi; persino un Senatore americano e il Sottosegretario alla Guerra. Trasportò i carichi più disparati: sacchi di farina e di carbone, formaggio, tacchini, polli, maiali, agnelli (morti e vivi), cemento, gesso e altri materiali per le ricostruzioni; manoscritti dal valore inestimabile, i negativi di tutta la serie di fotografie della Basilica Superiore di Assisi scattate da Sansoni. Trasportò anche dipinti importantissimi, come il San Paolo di Masaccio dalla chiesa del Carmine di Pisa nonché La Fuga in Egitto e La Presentazione al Tempio di Duccio di Buoninsegna, dalla Maestà del Duomo di Siena. E prima di terminare il suo servizio in Toscana, rimorchiò anche il grande bronzo del granduca Ferdinando dal cortile degli Uffizi alla Piazza Pubblica.
Sfortunatamente, il tachimetro si ruppe troppe volte per permettere il conto esatto dei chilometri percorsi, ma tra il primo viaggio che feci nel luglio del 1944 e il piovoso giorno d’agosto del 1945 in cui le diedi addio a Salisburgo, “Lucky” avrà percorso fra i 50.000 e i 65.000 chilometri.”
(tratto da “L’Arte Fiorentina Sotto Tiro”, ed. Firenze Leonardo, 2014)
Queste righe furono scritte da Frederick Hartt (1914-1991) nel suo libro “Florentine Art Under Fire”, risalente al 1949 e tradotto in italiano soltanto nel 2014. Hartt fu Ufficiale dell’Esercito degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale; fu, nella Campagna d’Italia, all’interno del programma “Monuments, Fine Arts and Archives”, l’unità che si occupava del rintracciamento, della salvaguardia e della protezione dei beni culturali messi a rischio dagli eventi bellici e dall’avanzare del fronte di combattimento. Un’unità che quindi, in mezzo ad una guerra propriamente detta, si trovava a combatterne un’altra, parallela: quella per evitare che statue, libri, manoscritti, dipinti, cioè l’anima storica e la stessa essenza culturale di un popolo, fossero distrutti dai bombardamenti, dai colpi d’artiglieria, o che venissero trafugati dall’esercito nazifascista in ritirata. Una lotta combattuta a volte anche contro i propri superiori, all’interno dello stesso Esercito statunitense, che spesso vedevano gli uomini della “Monumenti” soltanto come orpelli tra i piedi, non utili all’impegno bellico, e di conseguenza da trattare con sdegno e disprezzo.
“Lucky 13”, come spiegato da Hartt, in quel periodo era la sua jeep. Abbiamo voluto prenderla come spunto, come ideale filo di collegamento per narrare le vicende collegate alla salvaguardia dell’arte nell’area toscana durante la Seconda Guerra Mondiale; fatti, luoghi, persone coinvolte. Così come a suo tempo Hartt su Lucky 13, ci muoveremo volta per volta per raccontare le pagine di un’incredibile storia sconosciuta ai più.
Articolo molto interessante. Hart un vero combattente contro tutti coloro che non compresero l’importanza del suo servizio: reso all’Umanita’.